Un report Deloitte analizza la capacità del gioco del calcio di entrare nei contesti urbani e di svolgere un’importante funzione sociale sul territorio.
Che il calcio sia uno sport diffuso, amato e seguito in ogni angolo del mondo è un dato di fatto incontestabile. È invece meno scontato stabilire come viene recepita, al di là del tifo e della passione, la sua potenziale funzione sociale: è un mondo dorato ed estraneo a quello reale o, al contrario, è in grado di proiettare riflessi positivi sul territorio e sulla vita quotidiana dei cittadini/consumatori? A tal proposito Deloitte, azienda al vertice del mercato mondiale dei servizi di consulenza e revisione, ha recentemente realizzato, in collaborazione con il Venezia FC (che, dopo il recente terzo posto nel torneo di Serie B, giocherà il prossimo campionato in Serie A), il report ‘Beyond Football: il connubio tra club e città’, finalizzato proprio ad analizzare come viene percepita dagli individui la qualità della vita nei territori in cui risiedono e il contributo che, in tale contesto, può essere fornito dalle società calcistiche.
Il presupposto di partenza è che nel Bel Paese solo 18 persone su 100 praticano uno sport almeno una volta alla settimana (la media europea è del 23%) e 43 su 100 definiscono ‘poco soddisfacente’ il livello delle infrastrutture in grado di consentire lo svolgimento dell’attività agonistica (media continentale: 30%).
L’insoddisfazione, per inciso, è generale e travalica i confini del mondo dello sport: solo il 7% degli intervistati (una quota davvero modesta, se si considera che lo share medio registrato su scala europea è addirittura triplo: 21%) appare ‘pienamente soddisfatto’ della qualità della vita nella città in cui risiede.
Anche sul fronte della sostenibilità spicca un notevole divario fra l’importanza a essa attribuita (il 72% degli italiani la considera un elemento prioritario per lo sviluppo del contesto urbano di riferimento) e la convinzione, espressa solo dall’8% del campione, che la propria città abbia concretamente intrapreso iniziative di sviluppo sostenibile.
IL RUOLO DEI CLUB
È in questa non idilliaca cornice che si inserisce la possibilità, per i club calcistici, di generare un reale impatto socioeconomico: l’80% degli italiani si dichiara interessato alle iniziative a sfondo sociale da essi varate e ai loro progetti legati alle infrastrutture civiche, comprese quelle non strettamente correlate al mondo del calcio.
La potenziale funzione sociale di quest’ultimo è ribadita dal fatto che la maggioranza assoluta (60%) degli individui associa allo sport più dffuso nel mondo una serie di valori positivi: spirito di sacrificio, integrazione, lealtà, stimolo ai concetti di aggregazione e di senso d’appartenenza.
Ancora, Deloitte e il Venezia FC sottolineano che in Italia il gioco del calcio, proprio in virtù della sua popolarità, vanta un grande potere comunicativo e può muovere leve importati, da utilizzare nel contesto urbano.
“Da uomo di sport”, afferma Luigi Brugnaro, Sindaco di Venezia, “sono profondamente convinto dell’importanza di diffondere e celebrare i valori trasmessi dal calcio, così come dal basket e da tutti gli altri sport di squadra. Legare con i compagni, concorrere tutti insieme per raggiungere il risultato, saper gioire per la vittoria nel rispetto dell’avversario, essere capaci di trasformare le sconfitte in reali occasioni per crescere, sono solo alcuni degli insegnamenti che i nostri ragazzi devono saper cogliere. Noi Sindaci dobbiamo saper guardare a questi valori e investire su di essi, per veder crescere una nuova classe dirigente”.
A parere di Andrea Abodi, Ministro per lo Sport e i Giovani nel governo Meloni, “il rapporto di un club con la città è indissolubile e non si ferma alla semplice partita di calcio. Bisogna saper interpretare nel modo giusto questo legame intimo, viscerale e perfino indipendente dai risultati ottenuti sul campo. La società che funziona è quella che, nella buona e nella cattiva sorte, integra il pubblico nel progetto sportivo. Il calcio è un fenomeno popolare e collettivo: come tale può e deve avere una valenza educativa straordinaria”.
“È innegabile che il calcio sia un fenomeno di accelerazione verso il futuro”, sottolinea Michele Uva, UEFA Social & Environmental Sustainability Director, “ma deve anche essere un volano di cambiamento, di approccio e di contributo allo sviluppo territoriale. Il connubio tra calcio, città e comunità è infatti assolutamente naturale e passa anche attraverso il primario tema della sostenibilità. La UEFA (Union of European Football Associations) ha una grande responsabilità, perché coinvolge 55 nazioni del Vecchio Continente, 700 club delle top league, circa 250mila società dilettantistiche e ben 25 milioni di tesserati: ogni nostra azione può avere un impatto rilevante su questa enorme platea. Dobbiamo riuscire a essere un driver positivo di cambiamento, anticipando i trend di natura sociale sul territorio, senza aspettare di subirne gli aspetti negativi. Gli stakeholder del mondo calcistico iniziano a capire l’importanza della loro funzione di ‘acceleratori del cambiamento’: un ruolo da svolgere attraverso la responsabilità sociale e la sostenibilità ambientale, sportiva, finanziaria e culturale. Per una società di vertice lavorare insieme alla comunità, alle istituzioni e alle città deve rappresentare un fattore trainante: servono buonsenso, visione, concretezza e la consapevolezza che non ci può essere un futuro senza adeguati investimenti”.
“I club calcistici”, aggiunge Luigi Onorato, Partner di Monitor Deloitte, “hanno la responsabilità, gli strumenti e il consenso necessari per generare un impatto concreto sulle comunità locali. Le società possono creare valore sul lungo termine per il territorio e accelerare lo sviluppo urbano attraverso infrastrutture, opportunità lavorative, interventi di riqualificazione ed erogazione di servizi di utilità sociale: il tutto con l’obiettivo di promuovere l’accessibilità allo sport, l’inclusione e un maggior rispetto dell’ambiente, a partire dal contesto cittadino. Sarà fondamentale puntare su un connubio vincente tra club e città e coinvolgere l’intero ecosistema composto da cittadini, università, istituti di ricerca, enti territoriali, operatori privati e municipalità, per un piano di sviluppo a 360°”.
“Nel nosto caso specifico”, spiega Filippo Antonelli, Sporting Director & General Manager del Venezia FC, “il potenziamento delle infrastrutture si riflette su una migliorata fruizione, da parte dei tifosi e della comunità in generale, dello stadio e del nuovo centro sportivo. È naturale che queste opere, oltre a rappresentare luoghi di aggregazione, abbiano un impatto preciso sull’area circostante, migliorando anche il livello della sicurezza e della pulizia delle strade. Aver ristrutturato lo stadio intitolato a Pier Luigi Penzo ha migliorato notevolmente l’esperienza dei tifosi e il lavoro svolto a Ca’ Venezia è sotto gli occhi di tutti: questa struttura ci consente di ottimizzare l’impegno del club, unendo in un unico luogo tutte le componenti della società, dall’area amministrativa a quella sportiva, passando per il settore giovanile e quello femminile”.
IL RANKING DEI RICAVI
Nelle scorse settimane la stessa Deloitte ha anche reso noti i dati salienti della ‘Football Money League 2024’, 27° appuntamento annuale – riferito ai ricavi del 2023 – con la sua indagine sulla solidità finanziaria dei grandi club europei.
Nella graduatoria che va dal primo al ventesimo posto sono rappresentati solo cinque Paesi, ovvero i consueti Big Five continentali: Inghilterra (ben otto squadre, sei delle quali sono nella top ten), Italia (quattro club, tutti nella seconda metà del ranking), Spagna e Germania (entrambe a quota tre) e Francia (due).
Indipendentemente dalla posizione, è l’entità dei ricavi a marcare il gap dell’Italia rispetto ai top club: circa 430 milioni di euro per la Juventus (11° posto), circa 380 per Milan e Inter (rispettivamente 13° e 14°) e meno di 270 per la new entry Napoli (19°).
Le cifre messe… sul terreno di gioco dai leader della classifica sono di ben altro tenore: a occupare il podio sono Real Madrid, Manchester City e Paris Saint-Germain, rispettivamente con 831, 826 e 802 milioni di euro di ricavi stagionali!
Tutte e quattro le squadre italiane hanno registrato un sensibile incremento rispetto alla stagione precedente: la performance è sicuramente apprezzabile ma non può essere considerata un caso isolato, visto che solo tre club su venti (il Liverpool, comunque assestato poco al di sotto dei 700 milioni, l’Atletico Madrid e il West Ham United) hanno dovuto prendere atto di una flessione.
L’indagine ‘Football Money League’ verte su tre parametri sostanziali: il matchday, ovvero gli incassi registrati allo stadio nel giorno in cui si svolge una partita, il merchandising e i diritti televisivi.
I ricavi complessivi sono stati di ben 10,5 miliardi di euro (una media di oltre 500 milioni per club, anche se tale soglia in realtà è stata superata solo dalla metà di essi), in virtù di un incremento di 14 punti percentuali.
In termini di ripartizione delle quote d’incidenza fra i tre parametri citati, l’indagine attribuisce il 42% ai ricavi commerciali, il 40% a quelli televisivi e il 18% agli incassi nei matchday. Va però sottolineato che la crescita degli introiti legati ai diritti televisivi è stata piuttosto modesta: un ruolo ben più importante lo hanno svolto le attività commerciali, con particolare riferimento alle vendite al dettaglio e alle sponsorizzazioni.