Il trend non favorevole degli investimenti pubblicitari non impedisce a quotidiani e periodici di rivendicare lo storico ruolo di pilastri della libertà e del Sistema Paese.
Dopo aver chiuso il 2023 con risultati non certo entusiasmanti ma comunque meno negativi rispetto alle previsioni iniziali (i quotidiani in flessione di quattro punti percentuali tondi, i periodici addirittura in leggera crescita: +0,8%), la stampa italiana non ha iniziato il 2024 nel migliore dei modi.
I dati forniti all’inizio di maggio dall’Osservatorio Stampa di FCP (Federazione Concessionarie Pubblicità) e relativi al primo trimestre dell’anno in corso parlano chiaro: ancora una volta il mezzo in esame viene penalizzato dagli spender anche al di là delle sue effettive ‘colpe’ e paga un dazio pesante, in termini di capacità di catalizzazione delle risorse, al clima di incertezza generale.
Anche se ‘incertezza’ non è sinonimo di ‘crisi’, il risultato non cambia: analogamente a quanto avviene nei periodi di contrazione generale degli investimenti (si pensi al disastro del 2020, anno clou dell’emergenza sociosanitaria), la sola presenza di fattori esterni potenzialmente pericolosi è sufficiente a inserire la stampa fra i comparti da sacrificare, almeno parzialmente e temporaneamente, in sede di ripartizione dei budget.
In quest’ottica, il tasso inflattivo degli ultimi mesi e le due guerre in corso nello scacchiere internazionale bastano e avanzano: l’utenza ne ha tenuto conto e la spesa destinata alla stampa nel primo trimestre è calata del –9,6% rispetto al corrispondente periodo del 2023.
È particolarmente delicata la situazione dei quotidiani, il cui fatturato pubblicitario complessivo è diminuito del –11,3%. La flessione della raccolta Commerciale nazionale è stata decisamente più sensibile rispetto a quella della Commerciale locale (–9,0% contro –2,2%); fra le tipologie minori ‘se la cava’ la Finanziaria (–1,3%), cala vistosamente la Classified (–8,0%) e cola letteralmente a picco la Legale (–40,5%), che fornisce un contributo secondario in termini assoluti ma sulla cui situazione negativa, come vedremo fra poco, si è recentemente espressa anche la Federazione Italiana Editori Giornali.
È andata un po’ meglio alle testate periodiche: nel confronto gennaio/marzo 2024 vs 2023, la contrazione della loro raccolta pubblicitaria è stata quantificata dall’Osservatorio Stampa di FCP in ‘soli’ 4,3 punti percentuali. Per inciso, la ‘responsabilità’ del decremento è da attribuire esclusivamente ai settimanali (–7,6%): ai mensili va invece un applauso, visto che hanno archiviato il primo quarter dell’anno con una crescita davvero apprezzabile e controtendenza (+3,6%).
Citiamo solo per dovere di cronaca il pessimo risultato delle testate che fanno capo alla generica voce ‘altre periodicità’: il loro calo è notevolmente pesante (–31,2%) ma non incide più di tanto, visto il peso irrilevante che tale tipologia ha sempre avuto sul mercato italiano (in altri grandi Paesi europei, per esempio in Germania, i quindicinali hanno ben altra rilevanza e diffusione).
Garanzia di qualità
Una ‘forte preoccupazione’ per l’aggravarsi della situazione del settore è stata recentemente espressa anche dalla FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali).
A parere di Andrea Riffeser Monti, Presidente dell’organismo di rappresentanza delle imprese editoriali, “i necessari interventi tardano ad arrivare, mentre restano ingenti i finanziamenti destinati a comparti non strategici per la democrazia, come lo è invece la stampa.
Nei primi mesi del 2024 il fatturato pubblicitario ha subito un calo quasi a doppia cifra e, dopo la decisione di eliminare l’obbligo della pubblicazione dei bandi degli appalti sui giornali, la pubblicità Legale sui quotidiani è calata in modo vertiginoso. Ancora una volta, dunque, rivolgiamo un serio invito a tutte le forze politiche affinché siano coese e dimostrino la volontà di contrastare la cattiva informazione e garantire una qualità che, tra l’altro, è particolarmente importante nei periodi di confronto elettorale. In tale contesto appare indispensabile e urgente incrementare in maniera adeguata le risorse di sostegno al settore, al fine di agevolare gli investimenti in tecnologia. Inoltre, siamo in un periodo storico in cui quel treno ad altissima velocità che è rappresentato dall’Intelligenza Artificiale rischia di compromettere il pluralismo dell’informazione, ipotesi che diventerebbe realtà qualora l’AI restasse appannaggio di chi può contare su incalcolabili risorse al di fuori dei nostri confini nazionali”.
In compenso, la FIEG ha accolto con soddisfazione la recente dichiarazione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in merito alla necessità di rimuovere gli ostacoli dalla strada della libertà d’informazione.
“A Istituzioni, Governo e Parlamento”, aggiunge infatti Riffeser Monti, “rinnoviamo la richiesta di una Legge sull’editoria che, come è già avvenuto in passato, sia in grado di riprendere, armonizzare e rafforzare gli interventi di sostegno al settore, condizione fondamentale per assicurare ai cittadini un’informazione di qualità, indipendente e libera da condizionamenti e pressioni di qualunque genere”.
Gli editori, in sostanza, si augurano che non rimangano inascoltate le parole del Capo dello Stato, a parere del quale “la stampa è un presidio essenziale alla libertà e un pilastro della vita democratica: per svolgere tale ruolo, le imprese che operano nel campo dell’informazione cartacea e digitale devono avere bilanci economicamente sostenibili”.
I dati sulle letture
Alla fine di febbraio il Consiglio di Amministrazione di Audicom ha approvato e distribuito i risultati dell’ultima edizione (2023/III) dell’indagine Audipress sulla readership dei quotidiani e dei periodici. Ne è emersa una generale e sostanziale stabilità del mercato: la stampa nel suo complesso raggiunge 31,6 milioni di individui e, negli ‘ultimi trenta giorni’, a sfogliare una testata cartacea o a leggerla nella cosiddetta copia ‘digitale replica’ è stato il 60,7% della popolazione italiana dai 14 anni in su.
Più specificamente, quotidiani e periodici interessano al 62,9% della popolazione maschile e al 58,7% di quella femminile; a livello di fasce anagrafiche sono particolarmente coinvolti gli over 45 anni (61,9%), mentre la stratificazione geografica premia soprattutto le regioni del Nord-Est, con una quota di penetrazione pari al 68,3% dei residenti (sul fronte opposto si registra il modesto 42,1% delle Isole).
Come sempre, Audipress ha analizzato anche la condizione socioeconomica del lettorato: ne è emerso che ha sfogliato almeno una testata il 69,0% degli individui di fascia superiore e media-superiore, il 61,5% di quelli di fascia media e il 53,5% di chi appartiene alla fascia media-inferiore e inferiore. La stampa italiana è diffusa presso il 72,7% degli imprenditori, dirigenti e liberi professionisti, il 64,7% dei negozianti e artigiani, il 64,3% dei pensionati, il 63,1% degli impiegati, il 60,6% degli studenti e il 58,2% degli operai dell’industria e dell’agricoltura.
Il principale elemento di spinta è rappresentato dalla copia ‘digitale replica’, che chiama in causa 7,3 milioni di lettori, in virtù di un incremento del +2,5% a perimetro omogeneo rispetto all’edizione precedente.
Tale dato è pienamente sintonico con un percorso evolutivo che ha preso il via in coincidenza con l’epicentro del periodo pandemico, quando le varie fasi di lockdown e le restrizioni alla vita sociale avevano ovviamente giocato a favore della lettura tramite screen digitali.
Il trend è proseguito anche quando l’emergenza è progressivamente calata, per poi essere archiviata: l’interesse dei lettori è infatti rimasto inalterato o è ulteriormente aumentato (il che è ancora più degno di nota, visto che a questo punto si è trattato di libera scelta e non di ‘obbligo’), soprattutto in riferimento ai quotidiani (+2,1% nel confronto Audipress 2023/III vs 2023/II) e, in termini anagrafici, agli over 45 in generale (+4,4%) e ai 55/64enni in particolare (+6,3%).
Vediamo ora più da vicino qual è stato l’andamento del mercato in relazione alle diverse tipologie di periodicità.
Il numero complessivo di lettori dei quotidiani è di 11,6 milioni di persone nel ‘giorno medio’, all’insegna di una sostanziale continuità. Il segmento è caratterizzato anche da una frequenza di lettura piuttosto elevata (sei individui su dieci sfogliano un quotidiano almeno quattro giorni alla settimana) e da una composizione del lettorato che vede la netta prevalenza degli uomini rispetto alle donne (61,2% contro 38,8%). Il livello di istruzione è medio-alto nel 63,1% dei casi.
Anche il dato dei settimanali è in linea con quello della rilevazione precedente: 8,5 milioni di persone leggono almeno una testata su carta o ‘digitale replica’. La frequenza di lettura alta (da 9 a 12 numeri in tre mesi) riguarda il 44,6% dei casi.
Come già emerso nelle precedenti edizioni, il lettorato di questa tipologia di offerta editoriale è composto essenzialmente da donne (il 67,4% del totale, contro il 32,6% degli uomini), da diplomati con licenza media o superiore (71,9%) e da over 55 anni (49,3%).
Negli ‘ultimi 30 giorni’ lo zoccolo duro dei lettori di mensili è quantificabile in 8,1 milioni di unità, dato che si allinea alla ‘regola della stabilità’ che ha caratterizzato questa rilevazione in termini di rapporto con quella precedente. La maggioranza relativa del campione (43,7%) non va oltre la frequenza di lettura media, nel senso che non supera gli otto numeri all’anno.
Fra le tipologie di periodicità esaminate, quella dei mensili presenta una minor discrepanza sia in termini di genere (prevalgono le donne rispetto agli uomini, ma non in modo schiacciante: 54,6% contro 45,4%), sia in riferimento alle differenti fasce d’età. La causa risiede in un’offerta editoriale che riesce ancora a garantire un’ampia trasversalità di contenuti e, dunque, a soddisfare gli interessi più disparati e specifici.
Un altro aspetto interessante emerso dall’indagine è quello correlato al cosiddetto ‘acquisto diretto’, ovvero alla lettura di copie che ci si è procurati direttamente (con tre possibili opzioni: personalmente, tramite un altro membro della famiglia o in abbonamento). Il concetto è simile a quello espresso in merito alla crescita delle Digital Edition: il ridimensionamento della lettura di ‘copie condivise’ (per esempio al bar o in ufficio) è a sua volta legato, per ovvi motivi, ai periodi del lockdown, ma anche dopo la fine dell’emergenza pandemica il trend non si è invertito.
In tutti e tre i casi l’acquisto diretto è infatti privilegiato rispetto alla condivisione: 61,4% nel campo dei quotidiani, 72,7% in quello dei mensili e addirittura 75,2% nell’area dei settimanali.
Ricordiamo in sintesi che tutti i dati citati e relativi ad Audipress 2023/III sono il risultato dell’indagine ufficiale che monitora, in maniera continuativa, le abitudini di lettura e la fruizione delle principali testate italiane. Per questa edizione sono state realizzate poco meno di 33mila interviste, spalmate lungo un calendario di rilevazione di 34 settimane e su un campione rappresentativo della popolazione italiana di almeno 14 anni.
Il cuore oltre l’ostacolo
La stampa ha comunque tutte le carte in regola per superare per l’ennesima volta gli ostacoli che il ‘destino’ colloca sulla sua strada.
Gli assi nella manica non mancano e fra essi spiccano soprattutto la fiducia dei lettori, la continua crescita delle Digital Edition, la creatività dedicata a valorizzare le specifiche caratteristiche del mezzo… e naturalmente quel prestigio e quell’autorevolezza recentemente messi in risalto, come abbiamo visto, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ultimo ma non in termini di importanza, non si può non nominare un fattore che quando si parla di carta stampata ha un ruolo primario fin dalla notte dei tempi: l’edicola, punto vendita per eccellenza – anche se da tempo non è l’unico – dei giornali di ogni genere e periodicità. “Le Amministrazioni comunali possono fare molto per le edicole”, sottolinea Andrea Riffeser Monti, “ma sono ancora poche quelle che si attivano. Tra queste merita una citazione il Comune di Firenze, che all’inizio di aprile ha presentato un piano di riqualificazione del commercio sulle aree pubbliche e ha dimostrato di sapere che l’edicola non è solo un luogo in cui i cittadini accedono all’informazione di qualità, ma anche uno spazio di riferimento e di aggregazione delle comunità di quartiere. Pertanto, se ne devono aprire di nuove e devono essere aiutate quelle già esistenti, evitando di snaturarle e stabilendo limiti significativi per la superficie di vendita dedicata ai prodotti editoriali. Rivolgiamo dunque un appello anche ai Comuni e, di nuovo, al Governo nazionale, cui chiediamo un piano straordinario per garantire la capillarità della distribuzione e della vendita della stampa con aiuti per le edicole, per la promozione e lo sviluppo di servizi aggiuntivi (consegna a domicilio, attività di fornitura rivolta ad altri punti vendita, installazione e gestione di distributori automatici di pubblicazioni editoriali) e per la consegna delle testate nei piccoli comuni e nelle aree periferiche”.