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Dall’Italia a Londra e ritorno

Bertoluzzi Comunicazione è un’agenzia creativa ‘emergente’, con alle spalle un’esperienza e un know-how internazionali, che fa dell’originalità e dell’alto livello qualitativo i suoi marchi di fabbrica.

Con la sua esperienza ultraventennale di copywriter e creativo pubblicitario puro al servizio dei grandi network internazionali, Luca Bertoluzzi non può certo dirsi una figura emergente nel mondo della comunicazione. Eppure è così che definisce la sua ‘nuova’ creatura Bertoluzzi Comunicazione, agenzia di pubblicità che ha scelto di fondare in Italia quando, da Londra, ha deciso di fare ritorno a Crema, sua città di origine. Gli abbiamo chiesto di ripercorrere con noi le tappe più importanti della sua carriera, di parlarci del suo personale approccio alla comunicazione e di cosa questa neonata boutique creativa può mettere a disposizione di brand e aziende.

Ci parla del suo percorso professionale nel mondo della comunicazione dagli inizi?

Luca Bertoluzzi: Il mio percorso prende avvio con il trasferimento a Londra. Avevo 24 anni e ho avuto la grande fortuna di essere ammesso in quello che ai tempi era un ambitissimo master di comunicazione (oggi non esiste più), il Corso di Advertising di Watford. Molto rinomato, esso era sponsorizzato dalle grandi agenzie pubblicitarie londinesi ed era molto difficile accedervi per via dei posti limitati. Era gestito dallo storico pubblicitario londinese Tony Cullingham – che purtroppo ci ha lasciato recentemente – e questo rappresentava una grandissima garanzia di qualità. Ai tempi lavoravo già come ‘runner’ in Young & Rubicam, ma subito dopo il master ho cominciato a fare degli stage nelle grosse agenzie, culminati in un lavoro di cinque anni in Saatchi & Saatchi. Poi, divenuto libero professionista, ho continuato a collaborare con i grandi network, tra cui DDB, Lowe e McCann. Devo dire che per me e per i miei compagni di allora quella con Tony Cullingham è stata un’esperienza di crescita fondamentale perché ci ha insegnato a pensare e ci ha fatto capire l’importanza dell’originalità, dell’essere veloci, immediati.

Da dove nasce la decisione ‘controcorrente’ di tornare da Londra in Italia?

Luca Bertoluzzi: Nasce da una sorta di tempesta perfetta. Nel 2020 ho iniziato a pensare di aprire finalmente la mia agenzia ma ero consapevole del fatto che nella capitale britannica la competizione sarebbe stata troppo forte. A questo pensiero si aggiungeva il fatto di non aver mai veramente ‘digerito’ la Brexit. Ma la spinta decisiva è arrivata con la pandemia. A quel punto mi dissi che era tempo di andare. Non fu una decisione facile, ma avevo voglia di tornare nell’Unione Europea.

Della sua esperienza all’estero cosa ha portato nella nuova agenzia?

Luca Bertoluzzi: Spero di aver portato in Bertoluzzi Comunicazione, in primis, un’ottica internazionale e poi l’abitudine agli alti standard qualitativi tipici del mercato britannico. Considerato che nasco come copywriter e creativo pubblicitario puro, mi piace essere inaspettato e originale e metto molta cura anche nell’aspetto grafico. Per questo ho scelto come collaboratori professionisti di altissimo livello che mi assicurano un approccio interessante, fresco e nuovo. In generale, quello che mi porto dietro dalla mia esperienza è una grande attenzione al ‘craft’, alle parole, all’art direction, al modo in cui vengono fatte le cose. Questo credo sia il vero valore aggiunto che può offrire la mia agenzia.  Ciò detto, il mio rapporto con Londra non si è interrotto, ci torno spesso, almeno per un mese all’anno e, anche se tutti i miei sforzi adesso sono concentrati sull’Italia, ho mantenuto qualche rapporto di lavoro.

Su cosa si è concentrata l’agenzia in questi primi anni di attività? Ci racconta qualcuna delle campagne che avete realizzato?

Luca Bertoluzzi: Il nostro intento è quello di soddisfare ogni esigenza di comunicazione: dalla pubblicità nei canali tradizionali a quella digitale e social, dal web design all’e-commerce, dall’ideazione alla creazione di un marchio forte, fino alla scrittura e alla regia di spot pubblicitari. In questo sono supportato da un team di professionisti, tra cui grafici, videomaker e social media manager. Siamo soddisfatti di festeggiare il nostro terzo anno anche perché abbiamo iniziato nel cuore, nel ‘ground zero’, della pandemia. Dopo aver utilizzato i primi mesi per guardarmi attorno, ho trovato in prestigiose realtà locali i miei ‘clienti fondatori’.

Uno di questi è il Teatro San Domenico di Crema, per cui abbiamo realizzato un’importante campagna di rebranding e di riapertura che arrivò sulla stampa nazionale, assicurando il tutto esaurito agli spettacoli dopo la chiusura forzata. Direi che ciò è stato l’inizio determinante. Contemporaneamente abbiamo lavorato per la Pro Loco di Crema producendo del materiale informativo per la città. Crema nel 2017 fu il set del film premio Oscar di Luca Guadagnino Chiamami col tuo nome che da quel giorno ha cambiato il turismo locale; la città è diventata la destinazione prediletta di decine di migliaia di turisti, un fattore su cui la Pro Loco sta, ovviamente, puntando molto. Li abbiamo aiutati a mettere a punto una campagna di comunicazione e a creare degli strumenti per chi visita la città. A questo proposito c’è un aneddoto che mi piace sempre molto raccontare, perché Timothée Chalamet – il protagonista del film, che nel frattempo è diventato un divo – durante la première di Dune 2 negli Stati Uniti ha autografato la mia pubblicità, proprio in ricordo di quell’esperienza. Un altro progetto di cui vado particolarmente fiero riguarda un’altra eccellenza locale: la provincia di Cremona, all’avanguardia nel campo dell’agricoltura sostenibile, insieme a realtà molto importanti come il Politecnico di Milano e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha creato un’associazione – ZAF (Zootechnical Agriculture & Food) Innovation Center – per cui ci siamo occupati di ideare il naming, il logo e il sito web. Se ci penso adesso stento a credere che un’agenzia così giovane abbia lavorato con realtà così affermate. In questo momento ci stiamo dedicando a una nuova campagna di Pubblicità Progresso per un grande cliente di cui ancora non posso rivelare il nome, incentrata su tematiche ambientali.

Tra quelle realizzate a livello internazionale, invece, c’è qualche campagna a cui è particolarmente affezionato?

Luca Bertoluzzi: Sarebbero troppe da elencare, ma tra quelle che ricordo c’è sicuramente una campagna realizzata per il prestigioso quotidiano The Guardian. Ero in DDB e ricevemmo ben tre nomination per il D&AD, l’Oscar britannico della pubblicità. La seconda che mi viene in mente e che mi è sempre stata molto a cuore è una campagna per i giovani senzatetto che abbiamo realizzato quando ero in Saatchi per la YMCA, una charity che si occupa di homeless. L’obiettivo era sensibilizzare le persone sulla presenza di una percentuale altissima di minorenni tra i senzatetto londinesi. Per farlo abbiamo ideato un intervento addobbando le ‘camerette’ dei ragazzini nelle strade con poster o gagliardetti delle squadre di calcio, come tutte le persone di quell’età fanno nelle loro case, con un effetto veramente impattante. Un’altra cosa che ricordo con piacere, anche questo è un aneddoto, è che per il mio primo shoot di una campagna per EA games fui mandato a girare a Hollywood… e in quel momento pensai che fosse una cosa normale.

Guardando al futuro, che sviluppi vede per il suo lavoro e per la comunicazione in generale?

Luca Bertoluzzi: Per la comunicazione in generale voglio essere ottimista, anche se vi sono molti campanelli d’allarme per l’industria che non si possono ignorare e che tutti conosciamo, dal tema dell’AI alle risorse economiche sempre più scarse. Ma resto positivo e per quanto riguarda il mio nuovo progetto sono ambizioso. Mi piacerebbe espandermi dopo questi primi anni molto intensi e interessanti. Per questo spero in futuro di avere clienti anche a Milano e nel resto d’Italia, confidando nel fatto che, in questo mondo in cui tutti lavorano ormai da remoto e il luogo fisico in cui ci si trova non è più così determinante, ci siano aziende che vogliano chiamare un creativo ‘londinese’ a Crema.