Yorke & Donwood: immagini, suoni, distorsioni. La mostra che racconta i Radiohead senza suonare una nota - Media Key
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Yorke & Donwood: immagini, suoni, distorsioni. La mostra che racconta i Radiohead senza suonare una nota

Dal 6 agosto 2025 l’Ashmolean Museum di Oxford ospita This Is What You Get, la prima grande mostra museale dedicata all’universo visivo costruito da Thom Yorke e Stanley Donwood in oltre trent’anni di collaborazione artistica. Un’immersione in oltre 180 opere originali: dipinti, incisioni, appunti, artwork digitali, testi scritti a mano, copertine iconiche e tracce di un linguaggio estetico che ha segnato una generazione.

Questa non è solo una mostra sui Radiohead. È il racconto visivo e tangibile del loro mondo interiore: angosce post-industriali, glitch emotivi, sarcasmo urbano, rovine digitali. Ma è anche la storia di un sodalizio artistico che ha fatto della confusione una forma, della dissonanza una grammatica.

In mostra, si svela un Thom Yorke inedito: disegnatore, pittore, sperimentatore visivo. Se da un lato ha ammesso di trovare “terrificante” esporsi come artista figurativo, dall’altro questa mostra conferma quanto il suo rapporto con il segno visivo sia sempre stato presente — una forma parallela di scrittura, un’estensione naturale della sua musica.

Accanto a lui, Stanley Donwood, mente grafica dietro le più celebri copertine del gruppo, da The Bends a Kid A, da OK Computer ai progetti solisti di Yorke e del progetto The Smile.

L’allestimento segue un percorso cronologico e tematico. Le prime sale esplorano l’epoca degli esordi: bozzetti, alternative artwork, collage grafici. Poi arriva OK Computer: diagrammi mentali, architetture caotiche, una visione distopica che anticipava l’ansia digitale.

Kid A, invece, si traduce in paesaggi frastagliati, glitch montani e scenari da sogno disfunzionale. Nei progetti solisti come The Eraser o Anima, l’immaginario si fa più minimale, cupo, monocromatico: un mondo urbano in bianco e nero.

Il cuore della mostra? Le opere create a quattro mani. Opere nate da improvvisazioni nella soffitta di Yorke o da silenzi condivisi in studio. In queste tele, l’identità visiva dei Radiohead prende corpo: colori taglienti, figure scomposte, scritte nervose, atmosfere emotive che sembrano suonare anche senza audio.

In mostra ci sono anche linografie mai viste, disegni scartati, schizzi marginali, annotazioni con numeri scarabocchiati su fogli volanti. Frammenti che restituiscono l’informalità poetica di un processo creativo sempre in bilico tra struttura e caos.

Alcuni lavori più recenti – come quelli legati a The Smile o A Moon Shaped Pool – mostrano una pittura astratta, grande formato, dove il colore diventa paesaggio mentale. Non tutte le opere però convincono: alcune sembrano prove, più che esiti. Ma forse è proprio in questa vulnerabilità che risiede il senso dell’intera esposizione.

A firmare la mostra anche la galleria londinese Tin Man Art, che rappresenta entrambi gli artisti. Dopo averli portati a Frieze London nel 2022, oggi li affianca in un confronto maturo con lo spazio museale.

La mostra non si esaurisce tra le pareti del museo: Oxford e Londra sono tappe di una campagna urbana fatta di poster interattivi, fogli strappabili, incursioni visive che invitano il pubblico a portare a casa un pezzo di questo immaginario.

This Is What You Get non cerca di ordinare l’estetica dei Radiohead, né di celebrarla come reliquia. Al contrario, lascia spazio all’ambiguità, al non detto, all’inquietudine visiva. È una mostra da attraversare come si ascolta un album: senza aspettarsi risposte, ma con la voglia di perdersi in un paesaggio emotivo.

In fondo, come sempre, “this is what you get”: niente certezze, molte visioni, e un mondo da guardare con occhi diversi.