Il problema? Le aziende comunicano, ma la fase di ascolto non è altrettanto efficace
Il nuovo Transformation Readiness Index 2025 di PROI Worldwide rivela che il vero tallone d’Achille è la mancanza di monitoraggio e ascolto dei dipendenti.
L’Italia si ferma a un indice di preparazione di 63/100.
In un contesto globale di incertezza e cambiamento, la capacità di trasformarsi è vitale per le aziende, ma in Italia la strada è ancora in salita. Solo il 14% delle trasformazioni aziendali nel nostro Paese può essere considerato un pieno successo, mentre più di una su tre (35%) si rivela un insuccesso, con un impatto negativo o nullo sul business.
A scattare questa fotografia è il nuovo PROI Transformation Readiness Index 2025, realizzato dal network PROI Worldwide – il più grande network di agenzie indipendenti di comunicazione al mondo – con il contributo per l’Italia delle agenzie Mailander e Heritage. Lo studio, basato su un panel di 675 dirigenti in oltre 30 Paesi, ha misurato il livello di preparazione delle aziende al cambiamento, analizzando quattro aree chiave: pianificazione, leadership, coinvolgimento e monitoraggio.Se a livello EMEA il 27% delle aziende giudica le proprie trasformazioni “veramente riuscite”, il dato italiano si rivela molto più critico, con un indice di preparazione complessivo di appena 63 punti su 100.
Il paradosso italiano: grandi leader, ma aziende “sorde”
Dall’analisi emerge un quadro preciso: se la leadership ottiene il punteggio più alto tra i pillar analizzati (17.4/25), dimostrando che i manager italiani sono efficaci nel comunicare gli obiettivi, il vero tallone d’Achille è il monitoraggio, che si ferma a un deludente 13.9/25.
Il dato più allarmante riguarda la totale assenza di canali di ascolto: alla domanda sull’utilizzo di survey e moduli di feedback per valutare l’efficacia della comunicazione interna, il punteggio italiano crolla a 2.4 su 5. In sintesi: i leader parlano e spiegano, ma l’organizzazione non misura, non ascolta e non adatta la propria strategia in base ai riscontri dei dipendenti.
“Questi dati non sono solo numeri, ma un campanello d’allarme per il management italiano”, spiega Damir Biuklic, Managing Director di Mailander. “Emerge il paradosso di leader capaci di indicare la rotta, ma di imprese e istituzioni spesso prive di strumenti di ascolto adeguati per verificare se i messaggi siano stati davvero recepiti correttamente e condivisi all’interno della struttura. Avviare una trasformazione senza un sistema di monitoraggio e feedback continui significa affidare il cambiamento al caso, con un altissimo rischio di insuccesso. La comunicazione non è più un megafono, ma un dialogo: vince chi sa ascoltare.”
“Lo studio dimostra che la differenza tra successo e fallimento non è la strategia in sé, ma il modo in cui viene comunicata. Il fatto che solo il 27% delle trasformazioni venga percepito come pienamente riuscito dimostra quanto la mancanza di una narrativa chiara e condivisa indebolisca il cambiamento – dichiara Roberto Adriani, Senior Partner di Heritage – in Italia, molte aziende hanno l’opportunità di colmare questo gap investendo in comunicazione trasparente e bidirezionale, che sappia coinvolgere non solo il top management, ma anche il middle management e i collaboratori”.
Il quadro italiano si inserisce in un contesto internazionale dove la consapevolezza è alta, ma la pratica ancora debole. A livello EMEA, infatti, quasi la totalità degli intervistati (97%) considera la comunicazione un fattore essenziale per il successo della trasformazione, ma solo 1 su 3 avvia il processo con una strategia di comunicazione chiara e definita. Inoltre, il 56% dei dipendenti viene coinvolto solo nelle fasi iniziali, un coinvolgimento insufficiente per creare un reale senso di appartenenza al cambiamento.
Il report completo del PROI Transformation Readiness Index 2025 è disponibile a questo link: https://www.proi.com/transformation-report

