ROXATE: NUOVA IDENTITÀ PER L’INCROCIO TERZI DI VILLA DOMIZIA - MEDIA KEY
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ROXATE: NUOVA IDENTITÀ PER L’INCROCIO TERZI DI VILLA DOMIZIA

Nel 2024, l’azienda Villa Domizia di Torre dè Roveri (Bg) presenta una nuova identità per l’Incrocio Terzi Roxate. Il restyling dell’etichetta è affidato all’agenzia di comunicazione Mete di Ponte San Pietro (Bg).

Il 2024 è l’anno della nuova identità dei vini a firma Villa Domizia di Torre dè Roveri (Bg). Dopo la presentazione della inedita linea dei Gaudenti, forte reinterpretazione della linea storica Gaudes dedicata ai vini Valcalepio, anche la linea degli Incroci, Manzoni e Terzi, vive un nuovo percorso comunicativo.

Il vigneto di riferimento per i fratelli Rota, titolari del brand Villa Domizia, è a Scanzorosciate (Bg), dove nella frazione Rosciate trova dimora 10 ettari di vigneto a corpo unico a conduzione biologica. L’identità per i vini di Villa Domizia è stata affidata 10 anni fa alla agenzia di comunicazione Mete di Ponte San Pietro (Bg), che grazie proprio ai vini Incrocio Manzoni e Incrocio Terzi, hanno iniziato a collaborare con l’azienda di Torre dè Roveri.

Dopo dieci anni, la stessa agenzia è stata incaricata di progettarne il restyling, partendo dal disegno, ispirato proprio dal paese di Torre dè Roveri, il paese di origine dei produttori, in modo da renderne più evidente il significato. La “torre” rappresenta il territorio, la cultura e la tradizione mentre il “rovere” è la robustezza ottenuta nel tempo. Di particolare curiosità è la scelta del nome “Roxate”.

Cenni storici raccontano che intorno al 400 a.C. il popolo dei si insediò nel territorio di Scanzorosciate e nelle zone limitrofe formando delle piccole comunità, mentre le prime notizie scritte sul vino prodotto in questa località risalgono alla conquista romana. Sull’origine del borgo di Rosciate vi sono differenti teorie: per alcuni è di origine celtica, come anche il nome, per altri è di origine gentilizia.Celti Rosciatefamiglia romana RosciaLex Roscia-ateros-“Ροξ”“chicco d’uva”Rox-ateVillaggio dell’Uva”

Birra artigianale: un mondo ancora tutto da scoprire
Secondo la legge italiana del 2016, la birra artigianale è prodotta da piccoli birrifici indipendenti che non impiegano processi di pastorizzazione e microfiltrazione. La produzione annua non deve superare i 200mila hl

Cosa si intende per birra artigianale? Nel luglio del 2016 il Parlamento ha approvato una modifica all’articolo 35 della legge 16 agosto 1962, n. 1354, introducendo un nuovo comma che recita: “si può definire birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione”.

Oltre a questi parametri, che differenza c’è tra una birra artigianale e una industriale? La birra artigianale dovrebbe differire dall’omologo industriale per fragranza, freschezza e vitalità. L’assenza di pastorizzazione e microfiltrazione permette alla birra artigianale di preservare i suoi gusti e aromi naturali, dati dall’eccellenza delle materie prime utilizzate, regalando al consumatore emozioni uniche ed intense, le birre artigianali sono di fatto l’immagine del birraio che le produce e in quanto tali, hanno un’anima, una storia, un carattere, un accento.

Ma come si conserva una birra artigianale? La birra artigianale è un prodotto vivo e quindi sensibile alle temperature elevate, il miglior modo è conservare il prodotto a temperature da frigo e consumarlo prima possibile per esaltarne al massimo l’esperienza sensoriale. Come si serve una birra artigianale? Anche per la birra artigianale i metodi per spillare la birra sono principalmente due: alla “alpino-tedesca” e alla “belga”.

Quella alla “alpino-tedesca” avviene in tre tempi in modo da agevolare molto la dispersione di anidride carbonica lasciando la birra con la giusta quantità di gas.  Questo sistema è perfetto per le birre caratterizzate dal malto: consiste nell’allontanare un poco il bicchiere dal rubinetto o dalla bottiglia mentre la birra ne sgorga e, una volta riempito, attendere che la schiuma in eccesso si depositi, procedendo con il secondo tempo nello stesso modo del primo. Il terzo è la rifinitura finale del cappello di schiuma. Il metodo “alla belga” consiste invece nel versare in un solo tempo, tagliando poi la schiuma in eccesso con una spatola.