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‘La Natura nel cuore di…’, l’iniziativa di mecenatismo di Rigoni di Asiago compie 10 anni

Arte e responsabilità sociale si intrecciano nel restauro del trittico di Carlo Crivelli, l’ultimo progetto in ordine di tempo del lavoro di tutela del patrimonio artistico italiano intrapreso dall’azienda veneta.

Dopo sei mesi di lavoro, il Primo trittico di Valle Castellana di Carlo Crivelli è tornato a risplendere nella Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, grazie all’ottavo intervento del progetto ‘La natura nel cuore di…’. L’iniziativa, promossa da Rigoni di Asiago con Fondaco Italia, celebra quest’anno il decennale e conferma ancora una volta come la valorizzazione del patrimonio culturale possa essere al centro di una strategia d’impresa orientata alla sostenibilità, al territorio e alla memoria collettiva.

Datato attorno al 1470, il trittico di Crivelli rappresenta una delle più alte espressioni della pittura adriatica del Quattrocento. L’intervento di restauro – condotto dalla professoressa Daphne De Luca – ha ricucito le parti danneggiate, riportando alla luce la potenza espressiva dell’opera, che comprende anche l’unico ritratto conosciuto di San Giacomo della Marca eseguito in vita. L’opera, rimasta per anni in uno stato conservativo precario, torna ora a dialogare con il pubblico nella sua rinnovata bellezza, all’interno del percorso espositivo della Pinacoteca Civica. Come ha sottolineato Stefano Papetti, direttore del museo, si tratta di un manufatto che non racconta solo l’opera di un grande artista veneto ma anche la storia di una comunità appenninica duramente colpita dal sisma del 2016. In questo contesto, l’arte si fa motore di resilienza, memoria condivisa e rilancio culturale.

Il restauro del trittico ascolano è l’ottava tappa di un viaggio iniziato nel 2015, in occasione di EXPO Milano, con l’obiettivo di valorizzare luoghi e opere d’arte meno conosciute ma di altissimo valore. Da allora, ‘La natura nel cuore di…’ ha dato nuova vita a monumenti e capolavori sparsi lungo la penisola: dall’Atrio dei Gesuiti a Milano alla statua di San Teodoro a Venezia, dalla fontana di Palazzo Venezia a Roma alla chiesa rupestre di San Giovanni a Matera, fino ai cicli pittorici di Santa Maria Novella a Firenze, alla Fontana Contarini a Bergamo e alla fontana in porfido del MANN di Napoli. In ciascun intervento, la missione è stata chiara: trasformare la valorizzazione dell’arte in un gesto di amore per il territorio, innescando processi virtuosi tra pubblico e privato, cultura e impresa, storia e futuro.

Per Andrea Rigoni, presidente di Rigoni di Asiago, il progetto rappresenta “un gesto d’amore e di responsabilità verso l’Italia e le sue città d’arte”, un impegno che riflette una visione di responsabilità sociale d’impresa coerente con gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030. In particolare, si fa riferimento all’Obiettivo 11, che promuove città inclusive e sostenibili, incoraggiando la protezione del patrimonio naturale e culturale. Non si tratta solo di restauro ma di una precisa scelta strategica: investire nella bellezza per generare valore economico, sociale e identitario. Un modello di ‘museo diffuso’ che si inserisce in un’Italia autentica, fuori dai circuiti del turismo di massa, valorizzando città come Ascoli Piceno, esempio virtuoso di una comunità che ha saputo trasformare la cultura in volano di sviluppo.

Come ha evidenziato Enrico Bressan, presidente di Fondaco Italia, questo progetto dimostra come l’investimento in cultura possa rafforzare il senso di appartenenza e la qualità della vita. Non si tratta solo di conservare opere, ma di animare territori, coinvolgere cittadini, generare consapevolezza e orgoglio. “Operare in luoghi come Ascoli”, ha dichiarato, “significa contribuire al racconto di un’Italia capace di sorprendere, lontano dai riflettori delle mete più note […] In questo senso, la cultura diventa un’infrastruttura civile, un motore per comunità più inclusive e resilienti.” Con la tappa di Ascoli si chiude il primo ciclo di interventi, ma non l’orizzonte del progetto. Dieci anni di attività hanno dimostrato che è possibile immaginare nuovi modelli di fruizione e cura del patrimonio, in cui le aziende diventano alleate della cultura e la cultura, a sua volta, diventa leva strategica per uno sviluppo equilibrato e partecipato. Il ‘museo diffuso’ di Rigoni di Asiago non è, dunque, un insieme di operazioni scollegate, ma una visione sistemica, in cui il valore artistico incontra il senso civico e la bellezza diventa linguaggio comune.