Dagli ultimi dati dell’Osservatorio sulla Digital Innovation si evince una crescita della necessità delle aziende di adottare approcci collaborativi per lo sviluppo, infatti già l’83% delle grandi imprese fa Open Innovation (il 45% possiede addirittura un budget dedicato) e il 52% collabora con delle startup mentre, per quanto riguarda le PMI, la percentuale si attesta all’11%. In particolare, il 41% delle imprese ha creato un reparto o un ruolo destinato alla gestione dell’innovazione, il 31% ha team di progetto dedicati ad essa, mentre il 9% ha instaurato un comitato di innovazione interfunzionale. Le prassi con cui le aziende si interfacciano all’Open Innovation sono diverse: le collaborazioni con Università e Centri di Ricerca sono la modalità ancora preferita con il 67%, le attività di scouting e intelligence di startup sono il 52% e anche gli Hackathon con il 36% sono abbastanza utilizzati.
Ed è proprio perché l’Open Innovation è diventato uno dei temi più rilevanti degli ultimi anni, ed è sempre più al centro delle scelte strategiche delle aziende, che si è reso necessario ricorrere a strumenti e idee esterne al loro ecosistema di base per progredire dal punto di vista tecnologico e innovativo, tramite – ad esempio – relazioni con startup, università, istituti di ricerca, consulenti e aziende, sia concorrenti che non. I fini sono molteplici, tra cui ridurre costi e rischi dei processi di innovazione interni e cogliere anche nuove opportunità da orizzonti inesplorati. Ad oggi, infatti, per riuscire ad emergere e distinguersi, il capitale finanziario e quello tecnologico non sono più gli unici elementi di cui un’impresa ha bisogno, in quanto l’innovazione stessa è a portata di chiunque abbia un’idea da sviluppare. La vera ricchezza risiede nel saper costruire e coltivare il capitale relazionale, per generare un valore concreto e sostenibile da veicolare attraverso una strategia di successo. Il dialogo con gli innovatori e, in generale, con tutti gli stakeholder, è l’asset strategico per poter scambiare valori e conoscenza, creando così nuove opportunità. L’appartenenza a reti e gruppi è spesso sottovalutata, ma può essere invece la leva per l’innovazione nel business, diventando imprescindibile per creare nuove occasioni di creatività e sviluppo. Il capitale relazionale è di fatto un valore intangibile che, se correttamente e strategicamente gestito, può però diventare un fattore critico di successo ed essere l’elemento chiave alla base del vantaggio competitivo che una qualsiasi organizzazione deve necessariamente avere. Attivare e coltivare contatti tramite il networking, gestire rapporti e relazioni, alimentare la fiducia reciproca e scambiarsi informazioni, sono elementi strategici che vanno sapientemente modulati per massimizzare il valore del capitale relazionale stesso.
“Innovationship”, una guida per reinterpretare l’innovazione e integrarla nei processi di creazione del valore
Il libro “Innovationship – L’innovazione guidata dal capitale relazionale” edito da Egea – è uno strumento per comprendere come questi due grandi temi siano strettamente correlati e come si possano pianificare e gestire strategicamente, integrandoli nei processi aziendali rivolti all’innovazione. “Innovationship” si configura come il primo testo manageriale di taglio divulgativo su questo tema di frontiera ed ha l’obiettivo di studiare e analizzare il ruolo del capitale relazionale nello sviluppo dell’innovazione collaborativa, fortemente necessario in tempi VUCA – ovvero caratterizzati da Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità. Grazie a ricerche approfondite, anche sul campo, il risultato è un’attenta analisi delle interconnessioni tra capitale relazionale e processi di innovazione, con preziose integrazioni da tassonomie, modelli esistenti ma anche da casi studio ed esperienze raccolti in prima persona, utili per trarre spunto per la pratica quotidiana nel business. Il capitale relazionale va infatti gestito responsabilmente, consapevolmente e nel tempo, alimentando le relazioni attivate e seguendo passaggi precisi e mai scontati.
“Al giorno d’oggi innovare è vitale ed imprescindibile per la sopravvivenza e lo sviluppo delle organizzazioni nel lungo periodo, ma anche per poter dominare il mercato di riferimento. L’innovazione è però profondamente cambiata e non è più basata soltanto o soprattutto sulla tecnologia e i capitali finanziari, ma su collaborazioni, scambi di idee e risorse: per questo deve necessariamente essere aperta e dinamica. In questo ecosistema, il capitale relazionale è la chiave di volta, pur essendo una risorsa difficile da reperire e gestire, proprio per la sua natura. Quello che abbiamo voluto fare scrivendo questo libro è delineare un modello replicabile per un approccio strategico alla realizzazione di una strategia di Open Innovation, di cui il capitale relazionale è oggi l’asset fondamentale.” – affermano gli autori Benedetto Buono e Federico Frattini.
Il libro “Innovationship” è ordinabile a questo link e sarà disponibile nelle migliori librerie e negli store online a partire dal 20 ottobre.
GLI AUTORI
Benedetto Buono è founding partner della boutique di consulenza strategico-relazionale Buono & Partners. È direttore del Professional Program in Business Networking della POLIMI Graduate School of Management. Scrive sulla rubrica Econopoly de Il Sole 24 Ore ed è autore del libro Business networking. L’importanza delle relazioni umane per una carriera di successo nell’epoca digitale (2021).
Federico Frattini è professore ordinario di Strategia e Innovazione al Politecnico di Milano e Dean di POLIMI Graduate School of Management. È co-fondatore e co-direttore di Energy & Strategy, team di ricerca del Politecnico di Milano e ambassador per il pillar «City of the Future» di Federated Innovation. Nel 2022 è stato incluso tra i primi dieci ricercatori di business e management in Italia, secondo i ranking pubblicati da www.research.com.