La spesa dei consumatori in contenuti digitali d’informazione e intrattenimento in Italia nel 2023 ha raggiunto i 3,6 miliardi di euro, che rappresentano un tasso di crescita del +5% rispetto al 2022. Il merito di questo incremento va al rinnovato interesse degli italiani per una vasta gamma di content digitali, come l’informazione, i video di intrattenimento e i contenuti musicali (fruiti da circa l’80% del campione intervistato). Ce lo dice la ricerca dell’Osservatorio Digital Content della School of Management del Politecnico di Milano, presentata nel convegno ‘Contenuti digitali: la tecnologia dà forma al mercato’. Il mercato dei contenuti digitali si articola in due componenti: la spesa del consumatore, attraverso sottoscrizione di abbonamenti o acquisto di singoli contenuti, e la raccolta pubblicitaria, i ricavi ottenuti dalla vendita di spazi pubblicitari all’interno della piattaforma o dei contenuti stessi. Quelli più fruiti dagli utenti italiani (da circa l’80%) sono informazione, video di intrattenimento e musica, seguiti da riviste, videogiochi e podcast (fruiti da circa un utente su due). I video di intrattenimento on demand risultano centrali in termini di spesa, con poco meno dei due terzi di consumatori italiani che scelgono questo contenuto a pagamento. Nonostante la maggioranza intenda mantenere costante il budget mensile, c’è una tendenza crescente ad aumentare, seppur in modo relativo, piuttosto che ridurre la spesa per i contenuti digitali, specialmente nell’ambito dell’informazione e degli audiolibri.
L’intrattenimento video: prevale il modello dell’abbonamento
Il settore più rilevante è il Video Intrattenimento che vale il 44% della spesa totale, circa 1,6 miliardi di euro, e che cresce anno su anno del +7% in termini di spesa del consumatore. In crescita anche la raccolta pubblicitaria, che segna un +14% rispetto all’anno precedente. Su questo influiscono l’aumento dei prezzi, i nuovi modelli di abbonamento ibridi che includono anche annunci pubblicitari e il rinnovato contrasto alla pirateria. I modelli Subscription Video On Demand, o SVOD, cioè i servizi su abbonamento con canone periodico, sono quelli che accentrano la quasi totalità della spesa del consumatore, mentre quelli Transactional Video On Demand, o TVOD, basati sull’acquisto o sul noleggio di singoli contenuti, sono sempre più marginali. Ma molti player che da sempre hanno modelli SVOD stanno sviluppando soluzioni ibride e lanciando nuovi modelli ASVOD, cioè Ad-supported Subscription Video On Demand: i famosi abbonamenti con la pubblicità.
Accanto ai nuovi player, anche realtà storiche della Tv lineare stanno lavorando molto bene sui contenuti digitali. RaiPlay è oggi un fiore all’occhiello per la Rai. “Vogliamo essere un laboratorio di nuovi format, abbiamo il compito di creare nuovi prodotti che vadano incontro al nostro target specifico ma che facciano innovazione anche sulla televisione lineare”, ha spiegato Maria Chiara Ferrigno, Responsabile Programmazione Transmediale, Direzione Contenuti Digitali e Transmediali della Rai. “Il nostro target, 18-34, conosce la Rai per prodotti come Mare fuori e Sanremo ma non è affezionato al brand Rai. E vorremmo che si affezionasse alle storie e a noi”. “Per noi il digitale non sostituisce il lineare”, interviene Marta Dones, Customer Marketing Manager di Mediaset Infinity. “Non è un altro target, non è un altro prodotto, ma un ampliamento di quello che è il lineare. Abbiamo inserito nel nostro contenitore digitale degli original: un caso di successo è stato una fiction turca che è andata in lineare tutta l’estate e poi è stata spostata sul digitale. Chi era un utente abituato al lineare ha capito che poteva trovare contenuti anche nella piattaforma digitale”. Intercettare il pubblico, i nuovi target, ingaggiarli. È questo l’obiettivo. “Quello che stiamo cercando di fare è intercettare un pubblico più giovane su piattaforme non proprietarie”, spiega infatti Sabrina Lunetta, Responsabile Digital Content di La7. “Abbiamo partnership con YouTube e vogliamo utilizzare una chiave nuova, quella della divulgazione, quella di fenomeni come ‘Geopop’ e ‘La fisica che ci piace’, che stanno avendo presa sul pubblico più giovane”.
RaiPlay è una piattaforma con titoli che si presentano da soli, ma si trovano in un contesto editoriale e di catalogo che ne include oltre 6.100. Come è possibile far arrivare questi contenuti al pubblico? “L’unica via d’uscita è la personalizzazione della piattaforma, la raccomandazione”, spiega Gianluca Fagone, Responsabile Recommendation e Targeting, Direzione RaiPlay e Digital di Rai. “Non si tratta solo di una personalizzazione che riguarda i titoli del catalogo, ma anche della loro rappresentazione grafica. Non ci interessa solo mostrare quel documentario, ma anche presentarlo attraverso un corredo di immagini che si sposa con gli interessi dell’utente. Inoltre, un’applicazione di AI ci aiuta a catalogare l’offerta editoriale non solo mediante la classificazione classica in generi, ma anche attraverso il mood: un film divertente, cupo, e così via”.
L’audio digitale: il modello della musica in streaming è predominante e consolidato
L’Audio Digitale, che rappresenta il 9% del mercato, cioè circa 325 milioni di euro, cresce grazie a una spesa del consumatore che aumenta a un tasso superiore rispetto alla media del mercato (+18%). Il settore audio segna invece un +24% in termini di raccolta pubblicitaria. La musica è il contenuto più maturo a livello digitale, ed è responsabile della quasi totalità del valore, in termini sia di spesa sia di raccolta pubblicitaria. Il modello in streaming è ormai predominante e consolidato, mentre l’acquisto di singoli contenuti è marginale nella dimensione digitale. Gli audiolibri si stanno gradualmente ritagliando un ruolo all’interno del settore e, grazie all’aumento dei titoli disponibili, alla crescente richiesta da parte degli utenti e all’ingresso di nuovi player, il mercato sta crescendo anno su anno. Anche qui il modello predominante è quello ad abbonamento, mentre la raccolta pubblicitaria è nulla. I podcast sono un contenuto in crescita, ma che stenta a trovare un modello sostenibile: la spesa dei consumatori per questi contenuti è limitata e spesso vengono inclusi in modo complementare in cataloghi più ampi. Per la raccolta pubblicitaria si sta pensando a un’offerta più strutturata a conferma delle potenzialità del mezzo in questione, ma anche in questo caso il valore assoluto è ancora marginale. Se nel video il digitale ha affiancato la vecchia esperienza di Tv e cinema, nel mondo della musica è diventato preponderante. “Dopo una lunga fase di transizione digitale, il mercato discografico a livello nazionale è spinto dallo streaming, trainato dal comparto digitale, che rappresenta oltre l’80% dei ricavi”, spiega Rossella Lo Faro, PR and Digital Communication Manager di FIMI. “Abbiamo rilevato una crescita del mercato discografico quasi del 15%, interessante perché supera la media dei Paesi europei. C’è una crescita interessante degli abbonamenti streaming, del 15%, e della pubblicità. La tecnologia ha guidato tutti i cambiamenti strutturali del nuovo settore. Si può dire che il nostro settore da industria di intrattenimento pura è diventato industria tecnologica a tutti gli effetti”. I contenuti digitali audio non sono solo la musica, ma anche gli audiolibri, e proprio le piattaforme musicali di streaming hanno offerto un assist importante alla diffusione di questo formato.
“Nei mercati d’oltreoceano ci sono piattaforme che distribuiscono contenuti audio che hanno aggiunto nel proprio catalogo gli audiolibri”, racconta Miriam Spinnato, Responsabile Digital Sales Trade del Gruppo Mondadori. “Così persone che hanno già un abbonamento ascoltano audio, podcast e anche gli audiolibri. In questo modo riesci a far ascoltare un nuovo formato a chi ha già messo l’ascolto nella sua esperienza. Vai a raggiungere una fetta di mercato che, altrimenti, non riusciresti a raggiungere”. Il mercato che deve ancora crescere è invece quello dei podcast. “Noi come produttori di podcast non siamo stati sufficientemente capaci a presentare il nostro prodotto, il nostro servizio”, spiega a proposito Mirko Lagonegro, CEO di MDE, azienda che opera in questo settore. “Soprattutto agli occhi del mercato, che non è ancora abituato a capire che esiste un altro mondo diverso dalla Tv”.
Informazione: la raccolta pubblicitaria è ancora la fonte principale di ricavo
Informazione ed eBook sono ancora poco rilevanti: valgono il 5% della spesa totale, pari a 170 milioni di euro tra le spese degli italiani. Nel 2023, si è registarto un incremento del +4% rispetto al 2022 mentre la raccolta pubblicitaria, componente ampiamente maggioritaria del settore, è aumentata del +5% sull’anno precedente. In ogni caso i consumatori stanno mostrando una maggiore propensione a pagare per accedere a notizie autentiche e verificate: il modello ad abbonamento resta quello principale, ma la spesa è comunque la voce minoritaria per il settore dell’informazione che vede la raccolta pubblicitaria ancora come fonte principale di ricavo. Al contrario, gli eBook vedono una maggior diffusione di modelli ad acquisto singolo e un contributo praticamente nullo della pubblicità. La spesa per questi contenuti è in crescita, anche se in modo limitato, dopo due anni di contrazione.
Si parla di informazione e si pensa ai siti di notizie scritte. Ma i video sono fondamentali anche per le testate online. E fanno riferimento a due diversi modelli di business, come ci ha spiegato Antonio Ciarletta, Responsabile Video Offering del Corriere della Sera, RCS. “Il modello di ricavo dei video si basa su una raccolta pubblicitaria, sul classico adv”, racconta. “Non escludo che lo stesso modello di business che abbiamo oggi possa essere modificato: un tipo di prodotto di qualità, dedicato agli abbonati, che possa integrare l’offerta che diamo loro. Approfondimenti come quelli sulla guerra, o su Sanremo, con i nostri inviati, sono contenuti per gli abbonati, che si affiancano al modello tradizionale, quello che prevede l’adv classico”. Il fatto di avere un contenuto video permette a testate tradizionali, come i periodici, di poter stare sull’attualità. “Si tratta di produrre un contenuto sempre più liquido che possa adattarsi alle nostre piattaforme”, spiega Simona Zanette, CEO & Chief Diversification and Growth Officer di Hearst Digital. “Noi abbiamo anche i mensili, ma dovremmo attendere per comunicare cose di attualità: Cosmpolitan ha cinque uscite l’anno, ora la redazione sta coprendo Sanremo, e se non avessimo il supporto video, che andiamo a pubblicare sia sul sito sia sui profili social, saremmo tagliati fuori da questo settore”.
Ma l’informazione digitale è anche eBook, un tipo di contenuto che dimostra come i libri oggi si mescolino sempre più spesso con altri media. “Il libro di carta, l’audiolibro e l’eBook non vengono creati in maniera separata”, spiega Cristina Mussinelli, Consulente Editoria Digitale di AIE, Associazione Italiana Editori. “Alcuni leggono solo su carta, altri solo digitale. Ma ci sono fenomeni misti tra carta e digitale: pensiamo all’esperienza social dei libri promossi su TikTok che hanno portato alla lettura di tanti libri su carta. I lettori sono seriali: gialli, romance e fumetti che hanno una serialità già sulla carta producono una serialità nel mondo delle serie Tv e dei film; gli autori di saggistica portano la loro esperienza in Tv. La circolarità tra il mondo dei libri e gli altri ambiti è sempre più marcata”.
Gaming: è il secondo settore, superato dal video
Infine, il settore del gaming, secondo in valore assoluto di spesa dopo il sorpasso subito da parte del Video, copre il 42% della spesa del consumatore (oltre 1,5 miliardi di euro) e torna a crescere dopo la leggera contrazione del 2022, registrando un +2% rispetto all’anno passato. Superata la battuta d’arresto nel 2022, dovuta anche alla crisi dei semiconduttori, che ha ritardato la diffusione delle consolle di nuova generazione, e grazie alla diffusione di consolle digital only, il comparto è tornato a crescere, consolidando il proprio valore.