Biologia del bene e del male, Come la scienza spiega il meglio e il peggio del comportamento umano - MEDIA KEY
Salta al contenuto
EsterneLibri e cultura

Biologia del bene e del male, Come la scienza spiega il meglio e il peggio del comportamento umano

Cosa accade nel nostro cervello un secondo prima di agire e di compiere un’azione tanto selvaggia o una spettacolare impresa di gentilezza? Biologia del bene e del male (in libreria con ROI Edizioni dal 6 novembre 2024) è la monumentale opera del neuroscienziato di Stanford Robert Sapolsky che intreccia neurobiologia, sociologia e primatologia per svelare i meccanismi e i codici più profondi del comportamento umano. 

L’ambiziosa analisi interdisciplinare di Sapolsky comincia da domande provocatorie che sfidano il concetto di libero arbitrio e responsabilità per esplorare, con uno stile brillante e un linguaggio accessibile a tutti, le radici biologiche e culturali dei nostri comportamenti, dalla compassione alla brutalità. Un’indagine del “bene” e del “male”, considerati non più come concetti astratti ma letti come il risultato tangibile di processi biologici ben definiti, che dimostra come anche gli atti umani più estremi trovino fondamento in un sofisticato intreccio di geni, aspetti culturali, ormoni, esperienze, pressioni sociali. Fin dai primi capitoli, Sapolsky invita i lettori a considerare che, per capire veramente le azioni umane, è necessario adottare una visione integrata, nella quale le discipline non sono compartimenti stagni ma elementi di un complesso mosaico. Così, nella visione del neuroscienziato, ogni comportamento umano – dall’aggressione alla generosità – dipende da una rete di fattori interconnessi, che supera la tradizionale dicotomia tra natura e cultura.

“In che modo i potenziali d’azione, i neurotrasmettitori e i circuiti neurali si attivano per produrre un gesto di empatia o di violenza?”

Esaminando i processi neurobiologici, Sapolsky spiega come, un secondo prima di compiere un’azione, nel cervello si attivino circuiti che determinano l’impulso a fare del male o del bene: circuiti che rispondono a stimoli esterni, a volte in modo automatico, senza che la coscienza o la razionalità possano intervenire. Uno stimolo a riflettere su quel delicato equilibrio che esiste tra le forze biologiche e il controllo che crediamo di avere sulle nostre azioni. Il racconto si sviluppa attraverso una progressione temporale, estendendo l’analisi dai secondi precedenti a un’azione alle influenze genetiche, prenatali e sociali, che ci hanno condotto a quell’istante. Sapolsky ci mostra come, ore prima di un evento, gli ormoni influenzino la nostra predisposizione a rispondere a determinati stimoli. Per esempio, l’ossitocina e la vasopressina, legati all’affetto e all’attaccamento, intensificano il comportamento pro-sociale in un gruppo e, paradossalmente, innescano reazioni di chiusura o ostilità verso l’esterno. L’esplorazione del comportamento umano in Biologia del bene e del male passa anche dalle esperienze: passate, recenti o addirittura antiche. Ogni ricordo o emozione immagazzinata crea uno “stampo” biologico che modella le nostre risposte future (“Ogni gene si traduce in una possibile orchestrazione di comportamenti, non in destini predeterminati.”). Il neuroscienziato evidenzia anche come la biologia non sia un destino ineluttabile ma una base soggetta a innumerevoli influenze e quanto le esperienze giovanili, l’educazione e persino l’ambiente fetale (“L’esperienza del grembo influenza il nostro comportamento in modi che potremmo non sospettare”) partecipano alla costruzione di un carattere (approfondendo anche il tema degli adolescenti definiti “opere incompiute”, individui con capacità decisionale e autocontrollo in formazione, spinti da istinti e impulsi più che da ragionamenti strutturati).  

La narrazione di Biologia del bene e del male passa anche dall’evoluzione: Sapolsky dimostra come l’adattamento biologico e culturale abbia modellato le nostre risposte sociali (citando Theodosius Dobzhansky: “Niente in biologia ha senso, se non alla luce dell’evoluzione”) e arriva ad analizzare la divisione tra “Noi” e “Loro”, radicata nella storia evolutiva dell’uomo, mostrando come questa sia ancora oggi una delle principali cause di conflitti sociali e pregiudizi (“Io contro Noi è più semplice da gestire rispetto a Noi contro di Loro”). Un capitolo chiave del libro è dedicato alla moralità, con una riflessione su come il cervello percepisca giusto e sbagliato non in termini assoluti, ma in base a influenze culturali, sociali e biologiche: “Quando è meglio affidarsi all’intuizione e quando al ragionamento?”. Con questo interrogativo, il neuroscienziato apre il dibattito su quanto la nostra moralità sia davvero “libera” o condizionata dalla biologia. Sul finale, il focus ricade sulla giustizia e, di nuovo, sul concetto di libero arbitrio alla luce delle neuroscienze secondo cui le nostre azioni non sono sempre completamente volontarie e sono governate da meccanismi biologici inconsci. Sapolsky propone una visione di giustizia “mitigata” dalla biologia, invitando a riflettere su un sistema penale che contempli la scienza come base di comprensione e rieducazione. Il capitolo finale di Biologia del bene e del male è una riflessione sul conflitto tra guerra e pace che suggerisce che, nonostante le influenze biologiche, l’essere umano abbia sempre la capacità di scegliere, lasciandoci con un messaggio di speranza e un invito alla responsabilità collettiva.

Biologia del bene e del male non è solo un libro di divulgazione scientifica, ma un’opera profondamente umana e un riferimento, utile e comprensibile a tutti, per comprendere i meccanismi alla base delle nostre azioni e i confini del comportamento umano e per capire come poter perseguire il bene in un mondo in cui non siamo che il prodotto dell’interazione tra biologia e cultura.